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autore
brano
 
Cicerone
I doveri, III, 22
 
originale
 
[22] Ut, si unum quodque membrum sensum hunc haberet, ut posse putaret se valere, si proximi membri valitudinem ad se traduxisset, debilitari et interire totum corpus necesse esset, sic, si unus quisque nostrum ad se rapiat commoda aliorum detrahatque quod cuique possit, emolumenti sui gratia, societas hominum et communitas evertatur necesse est. Nam sibi ut quisque malit, quod ad usum vitae pertineat, quam alteri adquirere, concessum est non repugnante natura, illud natura non patitur, ut aliorum spoliis nostras facultates, copias, opes augeamus.
 
traduzione
 
22. Come se ciascun membro (umano) avesse una tale sensibilit?, da pensare di poter star bene, coll'aver tratto a s? la salute del membro pi? vicino, sarebbe necessariamente indebolito e perirebbe l'intero corpo, cos?, se ciascuno di noi si appropriasse dei profitti degli altri e sottraesse quanto gli fosse possibile a ciascuno per il proprio guadagno, la societ? umana e la comunit? necessariamente sarebbero sovvertite. Infatti che ciascuno preferisca acquistare per s? ci? che riguarda l'uso della vita anzich? per un altro, lo si ? ammesso, poich? non si oppone la natura; ma la natura non sopporta che con le spoglie degli altri aumentiamo le nostre sostanze, ricchezze e potenza.
 

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